DPR 214/2010 : Ascensori, è la velocità che fa la differenza
La verifica straordinaria non è più vincolata ai soli montacarichi e alle macchine dotate di cabina ma a tutti gli impianti
Dovremmo parlare di un nuovo Decreto Elevatori perché, come del resto era già accaduto con il DPR 162 nel 1999, se il Capo I del DPR 214/2010 costituisce attuazione della Direttiva Comunitaria 95/16/CE come modificata dalla 2006/42/CE, il Capo II invece costituisce una vera e propria regolamentazione a carattere nazionale per quanto riguarda l’esercizio di un’ampia famiglia di elevatori in servizio privato. Il DPR 214/2010 (nel seguito Decreto) reca la data del 05 Ottobre 2010, viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 292 il 15 Dicembre 2010 ed è entrato in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U. Anche se ad una prima lettura il Decreto non sembra introdurre novità rilevanti in quanto l’impianto del precedente DPR 162/99 resta inalterato, elementi di novità emergono chiaramente da un’attenta lettura. Il Decreto, anche nella sua natura di recepimento delle modifiche alla Direttiva 95/16/CE, lascia chiaramente trasparire la volontà già del legislatore comunitario di ridefinire il campo di applicazione delle Direttive Ascensori e Macchine disciplinando, secondo un diverso criterio, elevatori di rilevante impatto sul mercato quali le piattaforme elevatrici per disabili. Ora infatti l’elemento di caratterizzazione del prodotto in Direttiva Macchine rispetto a quello in Direttiva Ascensori non è più la sussistenza o meno delle porte di cabina ma la velocità del supporto del carico. Di fatto la grande famiglia degli ascensori viene così distinta in “ascensori veloci”, la cui velocità è superiore a 0.15 m/s, che ricadono nella Direttiva Ascensori e in “ascensori lenti”, la cui velocità è inferiore o eguale a 0.15 m/s, che ricadono nella Direttiva Macchine. Merita sicuramente in questa sede soffermarsi sulle principali novità che emergono nel Capo II del Decreto. Innanzitutto nell’ambito di applicazione del Capo II del Decreto appaiono rientrare sia gli elevatori per disabili sia quei montauto con utente a bordo che siano dotati di supporto di carico e non necessariamente di cabina e che si muovano con velocità inferiore o pari a 0.15 m/s su un percorso anche inclinato con corsa superiore o uguale a 2 metri (fermi restando gli altri requisiti propri della definizione di ascensore). Il fatto che il supporto del carico sia necessariamente una cabina è infatti requisito essenziale per il prodotto ascensore ma non caratterizza la definizione stessa di ascensore. Inoltre, con la modifica operata alla definizione di montacarichi, rientrano nel campo di applicazione del Capo II anche gli elevatori per sole cose dotati di supporto di carico ma privi di cabina quali ad esempio i montauto utilizzabili senza persone a bordo e molte piattaforme elevatrici prima altrimenti escluse. Certo alcune di queste tipologie di apparecchi di sollevamento già erano soggetti alla molto simile disciplina della nota Circolare 157296/97, di fatto ora superata dal Decreto. Si trattava però di una semplice Circolare Ministeriale i cui contenuti più che esplicativi erano di fatto regolamentari. A differenza della sopra citata Circolare, il Decreto introduce però per questi elevatori la possibilità di sottoporli a “verifica straordinaria” come già accadeva solo per gli ascensori e per i montacarichi dotati di cabina. Ciò risulta di rilievo in particolare per la rimessa in servizio, a seguito di modifiche non rientranti nell’ordinaria o straordinaria manutenzione, senza indurre necessariamente ad una ricommercializzazione del prodotto stesso. Ovvia appare la considerazione che il Capo II del Decreto sia stato scritto nella logica di ridisciplinare tutti gli elevatori installati, se non esplicitamente esclusi dal campo di applicazione dello stesso. Merita infine ricordare che il Decreto unifica la procedura di messa in esercizio di tutti gli elevatori da esso disciplinati, imponendo quindi l’obbligo di inoltro della comunicazione al Comune nel termine di dieci giorni dalla data di rilascio della Dichiarazione CE di conformità (che, per le macchine, non viene rilasciata dall’installatore ma dal fabbricante e che tali figure possono non coincidere).
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