Ascensore: quando cè da cambiare il quadro elettrico
Caro Salvagente, abito in un palazzo di 8 piani e di una cinquantina di anni, in cui l’ascensore si guasta in continuazione, tanto che due volte sono intervenire i vigili del fuoco per liberare i condomini intrappolati. Secondo la ditta che fa manutenzione bisogna cambiare il quadro elettrico, con una spesa notevole. Si tratta di manutenzione straordinaria? E come si ripartiscono le spese? F. L., Cagliari ?Sulle spese per l’ascensore occorre fare delle distinzioni. Ci sono quelle ordinarie, ovvero di esercizio: la forza motrice, l’energia elettrica, le piccole riparazioni, la sostituzione delle funi e delle serrature, la revisione del gruppo argano riduttore, la registrazione del cuscinetto reggispinta, e così via. Poi ci sono le spese straordinarie, ossia di ricostruzione parziale o totale dell’impianto: il rifacimento completo per vetustà, la sostituzione del motore di trazione e del gruppo argano riduttore. Una terza categoria comprende le spese per le modifiche da apportare in base a norme imposte dalla pubblica autorità (per esempio, quelle sulla sicurezza degli impianti), e sono ordinarie o straordinarie a seconda dell’intervento. La sostituzione del quadro elettrico che, come fa notare la lettrice, comporta una spesa notevole, deve essere considerata un’opera di straordinaria manutenzione. Il codice civile non dà disposizioni specifiche sulla ripartizione delle spese di esercizio e di manutenzione straordinaria. In questo caso, quindi, occorre rifarsi al regolamento condominiale, che può prevedere prescrizioni specifiche per gli interventi di carattere ordinario e per quelli straordinari. Nel silenzio del regolamento, trova applicazione il principio fissato dall’articolo 1123 c.c., che al secondo comma dice: “Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne”. Poi, per stabilire la suddivisione in dettaglio, bisogna ricorrere all’articolo successivo, il 1124, che detta i criteri validi per le scale: per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzione di piano e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ogni piano dal suolo. Si tenga presente che questi principi sono applicabili all’ascensore, ma derogabili con un espresso patto negoziale (Corte di Cassazione, n. 6499 del 6 novembre 1986).
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