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Percorso verticale e orizzontale. Intervista all’Arch. Giuliano Azzinari.

Nella progettazione di spazi interni, è possibile a suo avviso rivisitare il concetto dei percorsi verticali e orizzontali in senso urbanistico, mutuando cioè da questa disciplina gli strumenti delle strade e delle lottizzazioni per arrivare a definire un piano funzionale sul microcosmo architettonico?
Flussi, punti di partenza e di arrivo dei percorsi. Funzioni e persone si relazionano ad essi continuamente, interagiscono nel loro essere legati ad una specifica attività che viene svolta in maniera più o meno corretta proprio in base alla pianificazione che a monte viene euristicamente pensata dal progettista. In maniera assolutamente errata e superficiale, il concetto del percorso, orizzontale e verticale, viene spesso trascurato nella pianificazione interna a fronte di disordine e di mancata funzionalità degli edifici. E questo ingenera pericolo, pericolo in senso lato. Pericolo di una mancata funzionalità. Pericolo di una regolazione sbagliata della velocità e dell’incrocio dei flussi. Cambiano solo parametri come velocità e pericolosità connessa ai flussi stessi. Ma il principio di definizione rimane uguale. Ecco perché mutuare concetti dell’urbanistica per progettare la sfera architettonica renderebbe più ordinata la natura del costruito, in pianta come in sezione. Con questo non voglio definire l’urbanistica come deus ex machina di un assolutistico principio ordinatore, ma viene a regolamentarsi naturalmente da ragioni di natura più pratica e imprescindibili, quali la pericolosità dei flussi automobilistici e pedonali da regolamentari. Ma può essere altrettanto pericoloso un edificio in cui i flussi non funzionano e pertanto vanno ad inficiare la funzionalità generale dell’architettura stessa.

I percorsi verticali sono a suo avviso potenziale occasione di effettiva progettazione architettonica?
Assolutamente. Esistono già tentativi nel mondo, anche se a mio avviso rimane tutt’ora una dimensione ancora inesplorata. Scale mobili, tappeti mobili, ascensori: la tecnologia ci mette a disposizione un alto potenziale nella riconsiderazione delle pendenze, dei materiale del design. Deve raggiungere più che altro la dimensione mentale del progettista e dell’utente la convinzione che un ascensore, emblema forse del percorso verticale, non risulti un mero buco nell’edificio ma assurga ad diventare una sorta di corridoio emozionale, in grado di cambiare la prospettiva, e quindi diventi parte attiva dell’architettura.

Come si evolverà il panorama architettonico delle architettura High Rise in futuro?
Sarà sempre più sotto il controllo progettuale degli ingegneri o resterà anelito degli architetti raggiungere le vette delle metropoli? Ritengo che le due discipline non possono che continuare ad essere complementari, ma occorre che si avvicinino maggiormente per favorire il dialogo progettuale. Del resto credo anche necessario un approccio sempre più ingegneristico per l’architettura High Rise che da sempre è simbolo di potere, di personalità. Viene spinta sempre più in alto per impedire agli altri un’altezza superiore. Notiamo infatti che quando si parla di grattacieli si sente dire “il più alto”
e non “il più bello”, dimensione quantitativa e non estetica, che richiama l’aspetto ingegneristico.

Mi potrebbe disegnare a parole un ascensore. Quali nuove funzioni, quale nuova estetica per il percorso verticale?
Vedo l’ascensore come un percorso verticale che sia in grado di garantire le stesse possibilità del percorso orizzontale, quasi ad aggiungerne metaforicamente il concetto del “volo” e di “sottrarre quella del “cammino”. Vedo la possibilità di osservare per scelta quello che mi attornia e non essere obbligato a guardare o non guardare chi mi sta vicino... o le sue scarpe! L’ascensore deve diventare un oggetto in grado di identificare in ogni momento la mia posizione e farmi capire dove mi trovo. Non necessariamente con una banale trasparenza ma magari con l’informatizzazione. Per quel che concerne l’aspetto formale punterei sulla pedana, senza chiuderlo completamente, con la possibilità di vedere il piano da cui sono partito ed essere visto da loro. Per quanto riguarda le nuove funzioni, rimane pur sempre un momento di costrizione che mi piacerebbe alleggerire con esposizioni, soprattutto nel nuovo edificato, che possono andare dalla comunicazione dello spirito aziendale se parliamo di luogo di lavoro o da iconografia che descriva momenti di interesse generale della storia o della cornaca.



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Fonte: De Baio Editore - di Fabio Bergallo
News inserita il 28/08/2006 18:57:27 | News letta 4444 volte
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